Porte aperte by Mario Marazziti

Porte aperte by Mario Marazziti

autore:Mario Marazziti [Marazziti, Mario]
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2019-10-29T00:00:00+00:00


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SIRIANI MARCHIGIANI

Homs è una città che ha 4.300 anni. A Homs si è giocata la difficile partita tra la regina Zenobia, che aveva creato il regno indipendente di Palmira, e l’esercito dell’imperatore Aureliano, da cui viene il nome della cinta di mura antiche che a Roma ancora delimitano il più grande centro storico del mondo. Homs e Palmira erano la zona di confine e anche di scambi tra l’impero persiano e l’impero romano. Nella valle di Homs arrivano i venti del Mediterraneo e regalano un clima mite a una delle maggiori città siriane, che prima della guerra aveva 800.000 abitanti. Nadine è di Sadad, a sud di Homs. Ma è una vicinanza relativa, un’ora e dieci in macchina, come da Napoli ad Amalfi. La incontro a casa sua a Castelfidardo, Marche, che è la città dove sono nate le fisarmoniche e che poi si è reinventata. La casa di Nadine sta a Crocette di Castelfidardo. 19.000 abitanti Castelfidardo, una metropoli a confronto con i 3.500 di Crocette.

Ci vive con i figli. La incontro con Silvia Malatini, che con suo marito, Mattia Magagnini, organizzano l’accoglienza e ne accompagnano l’integrazione. Silvia all’inizio di questa storia si occupava di altro, non era coinvolta, aveva la sua vita di mamma e donna che lavora, e praticamente non c’entrava niente. Ci è entrata più tardi, per via della sua famiglia. Una di quelle tante donne giovani, moderne, che hanno dentro risorse speciali ma in tempi normali non sembrano richieste e restano sottoutilizzate, e in genere restano nel piccolo circuito dei fortunati che possono goderne in famiglia, sul lavoro, tra pochi amici. Ci sono migliaia di Silvia.

Gli anni da adulta di Nadine coincidono con la guerra. A marzo 2011 iniziano gli scontri, e Homs diventa un epicentro. Lei si sposa il 7 maggio. Ma è il giorno della morte di Giorgio. «Giorgio è la prima vittima siriana della guerra», quando non veniva ancora chiamata guerra. Fino ad allora erano manifestazioni, scontri, “crisi siriana”, ma non guerra. Tutti quelli che non volevano l’escalation militare, nell’opposizione e dentro il potere siriano, quelli che volevano un confronto anche duro, ma erano per una soluzione politica, hanno resistito tutto il primo anno a chiamarla “guerra”. Perché sapevano che sarebbe stata guerra totale, d’area, altri paesi coinvolti, ingerenza geopolitica mondiale, la fine comunque di una soluzione siriana tra siriani. La festa di matrimonio è marcata, invece, da quell’inizio di guerra, anche se ancora non si immagina tutto l’orrore successivo. C’è spazio solo per il dolore ordinario. La vita nel resto del paese è ancora tranquilla e non ci sono, apparentemente, combattenti. Quel poveretto è morto il sabato, la notte prima del matrimonio, e il giorno dopo c’è, anche se è domenica, il funerale in chiesa. Prima conseguenza: non c’è più la chiesa disponibile. Era impossibile prevederlo. È tutto chiuso per lutto. Il parrucchiere è chiuso. Il fioraio è chiuso. È la prima vittima di Sadad, e tutto chiude. Adesso né a Sadad né da altre parti si chiude più niente, perché il lutto è diventato normale, la compagnia di tutti i giorni.



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